lunedì 10 marzo 2008

Evviva i clandestini in Italia dove fratellanza è morta

Ieri si è saputo che una signora moldava, Victoria, di 28 anni, immigrata clandestinamente in Italia, che lavorava come badante nella casa di due anziani italiani a Venezia (percependo uno stipendio di 700 euro al mese), è riuscita a salvare una dei sue due datori di lavoro, la signora Angela Viviani, 88 anni, che era rimasta stordita nel sonno da una fuga di monossido di carbonio. Il marito Umberto, di un anno più vecchio, non ce l'ha fatta. La signora Angela ora è in ospedale, sta meglio. E' in ospedale anche Victoria, intossicata. Però lei è piantonata. Perché la polizia, che è intervenuta dopo l'incidente, chiamata proprio da Victoria, si è accorta che la giovane moldava è clandestina e dunque va punita, tenuta agli arresti, processata e poi espulsa.
Nel vangelo dei cristiani c'è scritto che Victoria è nostra sorella. Nel nostro gergo di gente di sinistra si usa la parola compagna. Per la legge italiana invece Victoria è semplicemente clandestina e quindi autrice di reato. Se ne frega, la legge italiana, di tanti particolari, tra i quali il coraggio di Victoria che ha salvato Angela.
Ieri mattina ho visto sui muri di Roma un manifesto di Forza Italia, o forse del partito delle libertà - insomma, dei berlusconiani - che baldanzoso proclamava: «Con noi non avrai più un clandestino alla porta di casa». Se Angela non avesse avuto la clandestina oltre la porta di casa, ora sarebbe al cimitero.
Il cinismo feroce, la codardia di quelli che fanno la campagna elettorale promettendoci la sferza contro i nostri fratelli o compagni stranieri che non hanno un permesso di soggiorno, ci da la misura di quanto già sia stata secca, devastante, la svolta reazionaria nel senso comune italiano. Dicendo una oscenità come quella che è scritta nel manifesto del Pdl, loro pensano di prendere voti. E hanno ragione. Tanto che il Pd, con qualche eleganza in più, li insegue.
Il Pd però dice (e anche talvolta il Pdl, e spesso la Lega, e persino qualche persona di sinistra): «Noi non abbiamo nulla contro gli stranieri autorizzati, che lavorano e spingono la carretta. Ma la caccia al clandestino è giusta...».
Dimentichiamoci un momento i toni da Ku Klux Klan di queste campagne. Pensiamo solo al ragionamento che sta dietro la rivendicazione «regolare sì-clandestino no». Qual è il ragionamento? E' questo: se vengono qui a lavorare per noi, e lo fanno bene, e a buon prezzo, accettando di svolgere i servizi che gli italiani disdegnano, bene, accogliamoli. Perché? Ci servono. «Servono» non solo nel senso che sono utili, ma che sono servi. Altrimenti è giusto cacciarli. Il migrante è buono solo se «serve». Non esiste di per sé, esiste in funzione nostra.
Nessuno è sfiorato dall'idea che l'immigrazione non può essere solo un fenomeno di utile «asservimento», o un problema di convenienza; ma che è il drammatico risultato della fuga di massa di popolazioni grandissime, e poverissime, che il distorto sviluppo del pianeta - e la «rapina» di ricchezze, imposta, con le armi, dall'occidente - ha ridotto alla fame nera, alla disperazione. A nessuno viene in mente che la civiltà cresce solo se riesce ad accettare il concetto di collettività, e poi di genere umano, e che i principi sacri della rivoluzione francese ancora non sono stati superati da nessuna delle teorie politiche moderne (di Berlusconi, o di Veltroni, o di Bossi o di Sarkozy... ). E i principi sono quelli: libertà, uguaglianza, fratellanza (o fraternità, o sorellanza, come dicono le femministe). Voi conoscete dei partiti politici, degli «enti», degli opinionisti, oggi, che considerino come fondante della civiltà il termine fratellanza? Al momento, a insegnarcelo, è venuta Victoria. Non c'è da stupirsi se l'hanno incarcerata.

di Pietro Sansonetti - Liberazione del 9 marzo 2008

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