domenica 27 gennaio 2008

Fine del governo Prodi: i guasti sono molti

di Valentino Parlato - Il Manifesto del 26 gennaio 2008


A Prodi si può rimproverare altro, certo non di appartenere alla razza italica dei furbetti. Era il premier d'una maggioranza nella quale ha creduto, non era disposto a cercarne un'altra - questo infatti sarebbe stato domandare o accettare un reincarico senza passare dal voto del Senato. Il suo progetto è caduto, è caduto come progetto politico. Il tentativo di Fassino di dire che non c'è stata, nella perdita della maggioranza, nessuna causa politica ma solo un nodo tecnico, di regole elettorali, ha dato la misura di quanto un dirigente dell'ex Pci sia lontano dalla percezione del paese, e dello stesso parlamento. È stato facile a Fini, e dal lato opposto a Barenghi, obiettargli che la sua maggioranza si è formata contro Berlusconi ma è stata incapace di reggere a un progetto comune.Non che il governo di centrosinistra non abbia fatto diverse cose, e anche buone, come la caccia all'evasione fiscale, ma nulla che potesse toccare l'asse della società ereditata dal caf e dal Cavaliere. Qualche passo in politica estera, non si è inoltrato fino al ripudio di quella guerra che la disastrosa amministrazione Bush ha reso semplicemente di buon senso.Non si è osato metter mano al conflitto di interessi, per cui potremmo ritrovarci Berlusconi forte come prima delle ultime elezioni che lo hanno di misura battuto. Neppure si è fatta una legge elettorale che permettesse di liquidare l'attuale, definita perfino dal suo autore, Calderoli, una porcheria. E in termini di crescita e di redistribuzione sociale, nel paese dove le inuguaglianze sono diventate le peggio dell'Europa occidentale, ai lavoratori e ai pensionati - per non parlare dei marginali - sono state mollate solo briciole, con un pauroso allargarsi dell'impoverimento effettivo.Questo punto, centrale, era iscritto nella maggioranza di Prodi, che non è stata messa in causa, per senso di responsabilità, dal sottrarsi dei rappresentanti dei ceti più deboli, ma per opera della destra di Mastella e di Dini, decisi a puntare su maggioranze diverse. Costoro non intendono cedere in nulla che somigli a una redistribuzione del reddito e a una diminuzione del privilegio che si possa definire modestamente riformista. Ma questo è un limite anche dell'ideologia di Prodi e della sua visione dell'Europa, analoga a quella dei Barroso, Almunia e Solana, e che ha a fondamento la competitività, che anche il Pd ha introiettato. Competitività vuol dire, nel mondo attuale, gareggiare non nell'eccellenza del prodotto, ma nella diminuzione del costo del lavoro - inseguendo su questo terreno la Cina e l'India. E stringere la borsa sulla spesa sociale.Anche il concetto molto prodiano di «sussidiarietà» appartiene a questa categoria: la comunità ha da arrivare soltanto dove il privato, che si muove per interesse, non arriva. Il caso dei servizi pubblici e oggi dell’immondizia, per la quale siamo la favola del mondo, non sono incidenti, sono un prodotto della filosofia privatizzante e competitiva, cui le camorre agevolmente si adeguano. Lo stato dell’Italia non sarà quello esibito ieri sera dal Senato, che non si darebbe in nessun altro paese, da vergognarsi di essere italiani. Ma non è molto migliore. E’ la società civile che esprime un ceto politico. I guasti sono molti. Fra di essi anche quello che ha corroso la sinistra della sinistra, il cui peccato maggiore è stato nel metter tutte le sue uova nel paniere del governo. O fuori di esso, soltanto qualche manifestazione. La Cgil non fa neanche queste. E qui la debolezza della sinistra nella maggioranza, perché i numeri sono numeri, e se la società tace, non ci sono che loro. La conquista se non di una egemonia almeno di una forza un poco più grande fuori delle istituzioni, non c’è stata. Questo resta il problema numero uno. Quello di fondo. Nel breve termine, lo ricorderà nel modo più ruvido la necessità di una campagna elettorale. Che è da sperare sia governata almeno da una legge meno indecente. Per questo può valere un governo ad interim, ma per fare solo questo e a termine. Non si vede come sarebbe legittimato a riformare nient’altro.

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